Natale a Rivombrosa - short story

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Stellin@_18
view post Posted on 23/9/2007, 09:39




Natale si avvicina e Rivombrosa comincia a prepararsi, anche se tutti ricordano questo come un triste giorno. Il giorno di Natale di sei anni fa mio marito, il conte Fabrizio Ristori, fa ucciso in un’imboscata e, da quel giorno, la mia vita è un’inesorabile attesa verso la fine. Sono tanti i sacrifici che faccio per non affrettare l’ora in cui io e mio marito ci ricongiungeremo e li devo tutti a loro, ai miei bambini, ad Agnese e Martino.
Il mio bambino, anche se ormai è un ragazzo, somiglia sempre di più a suo padre. Ora è in Francia a studiare da militare ma mi ha promesso di tornare per Natale. Sa che qui ci sarà bisogno di lui, del suo coraggio, della sua tenacia affinché io non scivoli in una troppo profonda disperazione e Agnese non si senta eccessivamente sola.
Quanto bene le vuole… e quanto io!
Somiglia così tanto a Fabrizio in alcuni momenti, la mia piccola Agnese.
Mi avvicino a lei che sta giocando con una bambola davanti il caminetto della biblioteca.
Deve aver finito la sua lezione.
“Mammina!” urla voltandosi e mi si getta tra le braccia.
“Piccolina, hai già finito la lezione?” le domando sollevandola e portandola sul divano.
Lei annuisce serena e stringe le sue mani paffutelle attorno al mio collo.
“Tesoro, hai già scritto la lettera a Gesù bambino per i regali di Natale?”
“No, però voglio…”
Le metto un dito sulla boccuccia e le sussurro piano che non c’è bisogno di dirlo subito.
Lei appoggia la sua testolina riccia sul mio petto e restiamo così, chiuse in quell’abbraccio.
La mia Agnese scende dal divano e guardandomi supplichevole mi chiede: “Posso andare giù in cucina a fare la torta con Bianca?”
Ridendo annuisco e dico: “Non sporcarti troppo però altrimenti Amelia poi se la prende con me!”.
E lei felice emette un gridolino scorazzando subito via.
E io penso a quanto suo padre sarebbe felice di vederla così.
Scaccio via il pensiero di Fabrizio. Non è il momento. Non ora. Non sotto Natale.
Decido di prendere un libro dalla biblioteca e comincio a leggere perdendomi in quel racconto.

È ormai sera. Ho appena indossato la camicia da notte quando qualcuno spalanca la porta.
Mi giro e vedo quella trottolina di mia figlia che mi corre incontro con i capelli al vento, a piedi nudi e in camicia da notte.
L’accolgo in un tenero abbraccio poi me la metto sulle ginocchia sedendomi sulla poltrona, sulla poltrona di Fabrizio, dov’eravamo seduti la sera della vigilia di Natale.
Scaccio via di nuovo quel pensiero e bacio la mia piccolina.
Sento dei passi e so già che è Amelia a cui Agnese è sfuggita. Degna figlia di sua madre, impossibile da domare.
Il ricordo di Fabrizio questa sera non vuole proprio lasciarmi per un istante. E allora non lo caccio più via ma lo accolgo con dolce malinconia dentro di me.
Amelia irrompe nella stanza e ansante strepita.
“Elisa, non sono… mi è scappata… questa bambina è peggio di te…”.
Io e Agnese ridiamo abbracciate e poi io dico: “Tranquilla, Amelia. Agnese voleva stare solo un po’ con me”.
Amelia borbottando parole incomprensibili esce dalla mia camera nuziale.
Solo adesso mi accorgo che Agnese ha tra le mani un fogliettino di carta che stringe come fosse la cosa più preziosa che ha.
Lei me lo porge sorridendo e poi mi dice: “Mamma, questa è la lettera a Gesù bambino per Natale. Me la correggi tu altrimenti lui non capisce? Graziana dice che è tutta scritta bene”.
Io annuisco prendendo la lettera e tenendo ancora abbracciata Agnese. Sapevo che era andata dall’istitutrice, Graziana. Povera donna! Quante gliene fa passare.
Accarezzo un po’ il viso paffutello di mia figlia che mi chiede piano: “Quest’anno torna Martino?”.
“Si, tesoro. Ci sarà. E ci saranno anche la zia Anna, Antonio ed Emilia”.
Agnese mi sorride soddisfatta ma poi scorgo nei suoi occhi della tristezza quando si accinge a chiedermi qualcos’altro.
“Mamma, perché tu a Natale sei sempre triste?”
Non sono preparata a dirle la verità e così con un sorriso tirato le dico: “Non lo so”. E la stringo ancora forte.
Lei si libera da quella stretta e fissandomi negli occhi mi chiede: “E’ per il mio papà non è vero? Lui ti manca tanto, lo ha detto Amelia. Io lo so che ti manca e che sei triste per questo anche se non me lo dici. Però tu adesso non ti preoccupare: papà torna presto a casa”.
Guardo stralunata mia figlia: capisce sempre troppo quella bimba. Le faccio un sorriso che non so neanche io cosa voglia significare.
Agnese mi si avvicina, nuovamente complice, e mi dice: “Adesso è meglio che vada a letto altrimenti Amelia si arrabbia tanto e dice delle cose che non capisco”.
Rido e le schiocco il bacio della buonanotte sulla fronte.
Sento la mia trottolina uscire dalla stanza e so che adesso prenderà Amelia per mano e le dirà che era una cosa importante. Prendo la lettera che scritto e mi siedo allo scrittoio a cui ho visto mio marito seduto l’ultima volta.
Apro la lettera e comincio a leggere la grafia cicciotta di mia figlia.

Caro Gesù bambino,
quest’anno per Natale vorrei la bambola di porcellana come quella che ha Giulia di Carignano e poi un nuovo cavalluccio a dondolo perché quello vecchio si è rotto.

Sorrido: ero sicura che avrebbe chiesto queste cose. Continuo a leggere.

Decidi tu gli altri regali. Volevo chiederti, poi, se per quest’anno puoi far tornare il mio papà. Lui si chiama Fabrizio Ristori ed è un conte. Se lui torna io ci posso parlare un po’ perché quando lui è venuto da te io ero ancora troppo piccola. Se, poi, lo fai tornare faresti tanto felice la mia mamma che, siccome lui non c’è, è sempre tanto triste.
Ora ti saluto tanto e spero di vederti a Natale, anche se tu vieni sempre mentre dormo
Contessina Agnese Ristori

Sento le lacrime scendere sul mio volto.
Non credevo sarebbe successo, non credevo che la comprensione di mia figlia arrivasse fino a questo.
Mi volto verso quel letto che ha visto la nostra ultima notte, momenti tristi e momenti felici.
Singhiozzo più forte e sento dei passi frettolosi giungere e aprire la porta della mia camera.
“Elisa!”. Bianca mi corre incontro e mi abbraccia.
Io mi appoggio a lei tentando di calmarmi, poi mi stacco e le porgo la letterina di Agnese: lei la prende e la guarda stralunata. Mentre mi asciugo le lacrime ricordo che Bianca è analfabeta e le do un bacio per scusarmi.
“Agnese ha chiesto come regalo di Natale che Fabrizio torni a casa perché lei possa conoscerlo e io essere più felice” spiego baciando la lettera e riponendola nel mio cassetto.
Sento Bianca accarezzarmi i capelli e dirmi singhiozzando “Buonanotte contessa Ristori”.
Mi metto a letto e comincio a chiedere scusa.
Scusa per non essere abbastanza forte.
Scusa per aver rifiutato una nuova vita con Cristiano a Napoli.
Scusa per amare troppo il ricordo di un marito portatomi via troppo presto.
Scusa per non riuscire a rendere serena i miei figli.
Sento il cuscino bagnarsi per le mie lacrime e con una mano tocco il cuscino sulla mia sinistra, illudendomi di sentire ancora il corpo caldo e muscoloso di Fabrizio e la sua mano che afferma la mia incutendomi immediata serenità.
E io chiedo ancora scusa…
Scusa per illudermi ancora che prima o poi tornerà.
Scusa per aver fatto morire quella parte allegra e spensierata di me con lui.
Scusa per non riuscire ad andare avanti come dovrei.
Scusa per non volere un altro uomo.
E, in ultimo, chiedo scusa alla mia bambina: chiedo scusa perché è tutta colpa mia. Forse, se avessi insistito ancora un po’ lui sarebbe ancora qui con noi, con me, con lei… e Agnese non sarebbe costretta a chiedere il ritorno del padre mai conosciuto in una lettera di Natale a Gesù bambino.
 
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