Capri fanfiction

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akane30
view post Posted on 11/1/2007, 17:00 by: akane30




FINALE SECONDA PARTE

Un mese trascorse più veloce di quanto lei stessa potesse credere. La vicinanza della nonna l’aiutò a ricuperare lentamente le forze e finalmente si sentiva pronta ad affrontare il lungo viaggio verso la sua Capri.
In quel periodo aveva tentato quotidianamente di raggiungere Umberto telefonicamente, ma illa Isabella non rispondeva nessuno. Massimo si era recato a Roma da Nicola per firmare i documenti per l’affidamento definitivo e Umberto fingeva di non udire telefono e non appena riconosceva il numero di Vittoria sul cellulare lo spegneva nervosamente.
Quantunque Reginella continuasse a ripeterle che chiarito il malinteso, Umberto avrebbe capito e l’avrebbe accolta nuovamente tra le sue braccia, Vittoria non sembrava convinta delle parole della nonna.
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Il giorno in cui presero l’aereo alla volta di Napoli la ragazza non stava più nella pelle. Continuava a guardare l’orologio impaziente che atterrasse. Mentre con l’aliscafo stava attraversando il golfo, inspirò a pieni polmoni l’aria carica di salsedine che le faceva volteggiare in piccoli vortici i riccioli che le scendevano dalla fronte. Era una giornata splendida, il cielo era terso e il sole con i suoi primi raggi estivi scaldava con il suo tepore la pelle eterea di Vittoria. Era mancata da Caprì così tanto tempo che la sua carnagione aveva assunto nuovamente quel colore livido delle nebbie padane.
Giunta a Capri, si guardò intorno con fare impaziente, attendendo invano che Umberto comparisse davanti a lei con quell’espressione di allegria scanzonata con cui l’aveva lasciata in quella cassetta. Durante quel mese l’aveva ascoltata talmente tante volte da conoscerne memoria ogni singolo secondo…Sperava di ritrovarlo così …con la luce del sole che baciava il suo viso spensierato.
“Vittò, non essere delusa. Umberto non c’è perché non sa che stai ritornando a casa!” Cercò di consolarla la nonna.
La ragazza forzò un sorriso trascinando le valigie lungo i viottoli del paese. Mentre stavano attraversando la piazzetta, l’udito di Vittoria venne catturato da una risata a lei ben nota. Seduti ad un tavolo sedevano Umberto e una fanciulla a lei sconosciuta. Dopo aver mormorato brevemente qualcosa all’orecchio della nonna,Vittoria avanzò verso di lui.
“Ciao Umberto!” Quella voce che aveva il sapore di cose conosciute lo fece trasalire. Scostando lo sguardo dalla ragazza che gli faceva compagnia, la osservò per qualche secondo in silenzio. Era più bella di quanto non la ricordava. La cascata di capelli spettinati dal vento dell’aliscafo, le labbra piene leggermente socchiuse, le mani sottili inclinate sulla valigia, ogni minimo particolare del suo corpo pareva emanare un’aura irresistibile. Nel suo volto tuttavia riscontrò qualcosa di diverso. Gli zigomi più accentuati e quello sguardo marino non più solare, ma profondo e sofferto lo attiravano magneticamente. Disobbedendo alla sua stessa volontà, abbassò gli occhi sia per non permetterle di varcare la soglia dei suoi pensieri sia per non perdersi nuovamente in quel mare.
“La Banderuola è venuta a Capri in viaggio di nozze?” Le domandò cinicamente facendola arrossire.
“Non c’è stato nessun matrimonio, mio padre ti ha mentito!” Rispose a bassa voce, imbarazzata dalla presenza di quella ragazza che non conosceva.
Notando il suo sguardo timido, leggermente abbassato, Umberto la incalzò con la sua ironia. “Che cafone! Margherita mi perdoni?” La ragazza bionda e slanciata sorrise. “Questa è Vittoria, la mia ex fidanzata, quella che…”
“Non mi sembra il caso Umberto!” Lo interruppe vergognandosi.
“A me invece si!” Enfatizzò alzando il tono. “Margherita, devi sapere che Vittoria mi ha tradito con mio fratello, facendomi diventare lo zimbello di Capri, e poi, visto che si era già ripassata tutti gli uomini dell’isola, è ritornata a Milano dal vecchio fidanzato!” Uno schiaffo sordo e inaspettato lo colpì in pieno viso facendolo reclinare sullo schienale della sedia.
Sentendosi di troppo, Margherita li fissò accennando ad alzarsi, ma Umberto la fermò appoggiando una mano sulla sua. “Non andare…non ho niente da tenere segreto IO!” Scandì le ultime parole con rabbia.
“Pensa quello che vuoi, ma puoi chiedere a Reginella non sono andata a Brambate per tornare da Andrea. Mio padre ha architettato questa farsa solo per liberarsi di te e tu sei caduto nella sua trappola…Non sai quanto lo abbia disprezzato per quello che ha fatto.”
Massaggiandosi la guancia arrossata evitò di incontrare i suoi occhi tremanti. “Avresti potuto fermarmi, raccontarmi tutto.. e invece…”
“Ho tentato, ma non ci sono riuscita…quando Reginella mi ha detto che eri venuto a Brambate ti ho inseguito, ma la strada era vuota ed io…” Annaspò accarezzandosi il ventre, incapace di continuare. Avrebbe voluto rivelargli la verità, ma la presenza incomoda di Margherita glielo impediva. “Vorrei parlarti Umberto, da sola!” Esclamò con un filo di voce cercando di ingoiare le lacrime che desideravano fluire da quelle gemme verdi.
“Come vedi, ora ho da fare, quindi….” Con un gesto plateale la invitò ad andarsene e a lasciarli soli. Indispettita e livida di gelosia Vittoria girò i tacchi dirigendosi verso Villa Isabella. Sebbene le sue parole l’avessero ferita, si accorse che non erano quelle a farla soffrire, bensì la presenza di Margherita. “Dimmi che non mi hai dimenticato Umberto, non puoi aver dimenticato il nostro amore per una come quella…” Continuava a ripetersi quelle frasi mentre scalava i gradini che l’avrebbero riportata a casa.
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Non appena si fu allontanata, Margherita, accorgendosi che lo sguardo di Umberto aveva seguito i suoi passi fino a quando non era scomparsa dalla piazzetta, si rivolse a lui seriamente. “Umberto, a nessuna donna piace essere il premio di consolazione!”
“Ma cosa dici Margherì!” Negò l’evidenza indossando quella maschera ilare e ridendo nervosamente.
“Sii serio!” Lo rimproverò dolcemente.
“Non sono mai stato più serio in vita mia Margherita!” Affermò abbassando le sopracciglia. “Se vuoi possiamo provare! Io e te!” Le baciò la mano senza trasporto.
“Non prendiamoci in giro. Da quanto ci conosciamo Umbe’? Eh..Una donna le sente queste cose. Tu sei un bravo attore, ma non riesci completamente a oscurare i tuoi occhi e a cancellarla dai tuoi pensieri. Lo vedo quando ti avvicini a me per farmi i complimenti, lo sento quando ci baciamo…anzi forse dovrei dire, quando ti bacio io perché tu sembri altrove. Non c’è passione nelle tue labbra, non arde il desiderio nei tuoi occhi. Guardami Umberto e giurami che la ragione per cui non hai ancora voluto fare l’amore con me non è lei!”
Galiano abbassò gli occhi sentendosi improvvisamente nudo. “Perdonami, ci ho provato, te lo giuro…volevo dimenticarla con tutte le mie forze…ma ho fallito miseramente!” Stringendo le labbra in contrito pentimento aggiunse. “Non volevo farti soffrire!”
Margherita si arrese all’evidenza. “Entrambi meritiamo qualcuno che ci ami davvero Umberto, non le briciole lasciate da altri…Grazie per la tua sincerità, l’ho apprezzata davvero!” Lo accarezzò sulla guancia percossa e appoggiò le labbra sulla sua fronte. “Addio Umbe’!” Se ne andò lasciandolo con gli occhi spalancati a fissare il vuoto.
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Dopo aver appoggiato i bagagli nella sua stanza, Vittoria decise di non attendere oltre e dopo essere passata in cucina per salutare la nonna, scese freneticamente le scale della Villa per poterlo raggiungere in piazzetta.
Era decisa a chiarire quella situazione. Non poteva più sostenere quegli sguardi che la trafiggevano con la loro meschinità. Doveva fare un ultimo tentativo. Si sentiva forte, lo avrebbe affrontato con la consapevolezza che il loro amore era l’unica cosa che importava. Era pronta a tutto, anche ad abbassare la testa per ascoltare in silenzio l’amarezza che le avrebbe urlato in faccia. Non poteva dargli torto. Lei e la sua famiglia lo avevano ferito profondamente, sperava solo non in maniera irrimediabile.
Arrivata in piazzetta, si accorse che il tavolo al quale sedeva Umberto era occupato da turisti stranieri. Abbassò le spalle imbronciata, cercando di riflettere dove l’avrebbe potuto trovare.
“Ciao Vitto’!” La salutò Carmelo facendola trasalire. “Quando sei tornata? Nancy sarà felicissima di rivederti, ha sentito molto la tua mancanza!”
La ragazza forzò un sorriso. “Anche a me è mancata molto!” Annuì freneticamente.
“Allora sei tornata per restare!” Esclamò felice.
“Vediamo!” Rispose concisa, non volendo perdere altro tempo.
“C’è qualcosa che non va?” Le domandò vedendola distratta.
“No, niente!” Borbottò a denti stretti, quando le balenò un’idea nella mente. “Senti Carmelo, non è che hai visto Umberto? Prima era qui, ma ora non so proprio dove potrei trovarlo.”
Il marinaio sorrise sotto ai baffi.
“ Che c’è?” Gli domandò leggermente irritata dal suo atteggiamento.
“E’ diventato strano Umberto, sai?” Vittoria lo fissò incapace di comprendere a cosa si stesse riferendo. “Da quando …” Fece una pausa.
“Da quando?” Lo incalzò impaziente.
“Beh si dai” Tentennò incerto.. “da quando tu e Massimo, si insomma…lo sai Capri è piccola e la gente parla!” Battendo i piedi infastidita, Vittoria lo incalzò a proseguire il discorso.
“Ehm” Si schiarì la voce imbarazzato. “Beh non è passato giorno che Umberto non si sia recato al faro…Rimane la per ore ad osservare mare al tramonto!”
Vittoria sorrise investendolo con un bacio sulla guancia. “Grazie ti sono debitrice!”
Togliendosi le scarpe che le facevano male, incominciò a correre lungo la baia per raggiungere il faro. I suoi più bei ricordi erano legati inesorabilmente a quel luogo. Salendo il molo a piedi scalzi si accorse con rammarico che Umberto non c’era. Le sue pupille si mossero frenetiche abbracciando il Golfo di Capri, mentre gli ultimi raggi della sera riscaldavano con le loro tinte dorate le acque antistanti. La brezza che le sferzava il viso l’obbligò a rivolgere lo sguardo verso l’entroterra. Con sua sorpresa si accorse che una figura maschile vestita di bianco era stagliata sulla scogliera sottostante. Sebbene lontana, non ebbe dubbi. Era Umberto. La lieve brezza del crepuscolo gli sfiorava la chioma lasciandola ondeggiare. Con gli occhi chiusi e la camicia leggermente slacciata, ispirava a pieni polmoni l’aria proveniente dal mare. “Perché sei ritornata? Perché? Sei meschina e crudele! Ogni volta che compio un passo per allontanarmi da te, tu ripiombi nella mia vita con la potenza dell’uragano e come una piaga devasti tutto ciò che ho tentato di ricostruire con pazienza. Ma a chi sto mentendo?” Annaspò tremando. “La mia vita non si è mossa di un millimetro da quando te ne sei andata. Il mio cuore si è fermato il giorno in cui hai rifiutato la proposta di matrimonio e si è deflagrato scoprendo la tresca che tu e il mio fratellino stavate ordendo alle mie spalle. Ma non mi è bastato, come uno stupido mi sono attaccato a quel filo di speranza che tu hai saputo abilmente manovrare e ti ho seguito come un mendicante fino a Milano, dove tuo padre non mi ha risparmiato un oncia di quella verità che non ho mai voluto vedere: non avevi mai lasciato Andrea. Ma che femmina sei? Hai bisogno del calore di un uomo tra le gambe per poter vivere la giornata? E uno non ti basta. Quanti ne vuoi ancora collezionare? Quante bamboline di imbecilli allineerai sul tuo comodino, vestendole e spogliandole a tuo piacimento! No, questa volta non ce la farai, non riuscirai ad ingannarmi ancora con i tuoi bellissimi occhi da cerbiatta impaurita! Il tuo gioco ormai lo conosco, e sebbene come giocatore non valgo nulla, ho imparato a ritirarmi, a fare un passo indietro prima di perdere completamente la testa! La mia testa…”
-“Umberto!” La tua voce rimbomba nelle mie orecchie, ma non esiste, tu non esisti più.
“Umberto!” Come una folata, il suo nome riecheggiò tra le rocce.
“No! Non mi ero sbagliato, mi hai trovato anche questa volta, ma non accondiscenderò ai tuoi subdoli ricatti recitati con voce implorante!!”
Il corpo statuario del giovane, percorso dalle raffiche provenienti dal mare aperto, pareva un angelo sul punto di prendere il volo. La sua camicia bianca, semiaperta si gonfiava come le vele di un’imbarcazione, trattenuta solo dalle maniche arrotolate fino al gomito, che come nodi, fissavano quel telo candido al corpo di Umberto.
“Ti devo parlare Umberto! Ti devo chiedere perdono!” Bisbigliò mentre un raggio obliquo le inondò il volto di pura luce.
“Perdono!” Sorrise tra le labbra ironicamente. “Conosci il significato di questa parola Vittoria?” Le domandò senza scostare lo sguardo dalle onde che infrangendosi sugli scogli parevano voler sedare l’inferno che la sua voce gli aveva appiccato nel cuore.
“Hai tutte le ragioni ad essere in collera!” Articolò cercando di trattenere l’impeto che la spingeva ad abbracciarlo.
Umberto, fingendo di non averla udita, rimase immobile.
Il suo silenzio la trafisse più di mille offese. Nella sua mente aveva sperato che Umberto avrebbe imprecato guardandola negli occhi e che, magari tirandole i capelli fino a farle reclinare la nuca, avrebbe riversato il suo furore in un bacio caldo, ardente.
La sua sottile ironia le ricordò invece il giorno in cui scoprendo del loro tradimento l’aveva scimmiottata crudelmente.”Cosa fai Vittoria, piangi?”
“Ci sono molte cose che non sai!” Lo incalzò cercando di attirare la sua attenzione.
“E Chi ti dice che spasimo per conoscerle?” Replicò ammutolendola.
“Il tuo cuore!” Rispose alla ricerca di una conferma.
“L’hai sempre saputo e te ne sei sempre approfittata! Ma ora, non mi interessa quello che hai da dirmi, tu non mi interessi più Vittoria, la mia piccola, dolce e bugiarda banderuola di Brambate!”
“ “Sono stata io a fare di te un arciere perfetto? Da quando hai imparato a mirare così bene al cuore? Le tue parole come un dardo appuntito lo stanno spezzando spietatamente!”
Lo osservava basita, mentre gli occhi le si erano riempiti di lacrime.
Sebbene avesse desiderato fare marcia indietro, lasciandolo crogiolarsi nell’odio, sentiva che gli doveva la verità, quella verità che per così lungo tempo gli aveva negato.
“Ricordi, mi portasti qui la prima volta che uscimmo insieme. Era una notte senza stelle, un vento freddo soffiava da nord. Tu sornione giocavi con il mio foulard ed io impaurita non avevo ancora capito ancora dove si trovava il mio cuore. Non so come ci fossi riuscito, ma tu l’avevi già capito e dopo avermi chiuso gli occhi con quel lembo di stoffa mi hai fatto volteggiare nell’aria. E dove si è fermato il mio cuore? A Capri, di fronte a questo faro.”
“ “Perché parli Vittoria? Perché non taci, lasciando ai ricordi il loro sapore agro-dolce? Lascia riposare il passato nelle nebbie del tempo? Non rovinare anche quello, ti prego non farlo.””
Ignara dell’effetto che le sue parole stavano esercitando su di lui, continuò quel cammino nel viale dei ricordi. “E’ da quel bacio è cominciato tutto, quel bacio che mi ha cambiato la vita. Ho tentato a lungo di negare a me stessa quello che provavo per te, ho evitato il tuo sguardo poiché avevo compreso che era capace di vedere dove il mio cuore non osava. Quando ti ho incontrato per la prima volta Umberto, mi sei sembrato superficiale, infantile, immaturo…un uomo cresciuto troppo in fretta, un uomo che a Milano avrei tenuto mille miglia lontano perché avevi il sapore di guai, di irresponsabilità…eppure io…ti ho amato dal primo istante! Ti amo Umberto come non ho mai amato nessuno in vita mia.. e combattendo contro il mio cuore ti ho tradito con Massimo…si ti ho tradito, perché credevo che lui potesse darmi quella sicurezza, che lui potesse essere quella roccaforte sui cui potevo ancorarmi durante le tempeste che attraversano la mia anima inquieta…quando il mio cuore vacillava e il polso si faceva debole…Quanto mi sono sbagliata..non era lui quello che volevo!
Umberto tremò deglutendo le lacrime a cui aveva imposto di non scorrere lungo le guance. Sembrava di una sincerità disarmante eppure il suo cuore, dopo essersi illuso per così tanto tempo era restio a crederle. Stringendosi il naso tra il pollice e l’indice cercò di non farsi ubriacare dalla melodia della sua voce.
“Come finzione pareva davvero molto realista…le parole che hai sussurrato al mio fratellino registrate in quel nastro e il modo in cui lo guardavi…come non hai mai guardato me….Sono stato così ingenuo…” Sorrise ironicamente, mentre desiderava soltanto buttarsi giù da quella rupe per dimenticare tutto e unirsi con l’effimera spuma del mare.
“Perché non mi guardi ora Umberto?” Ansimò. “Perché non hai il coraggio di vedere che nei miei occhi risplendi solo tu!” Quella dichiarazione forte diretta lo colpì con la forza del tuono e si deflagrò sulle sue spalle che tremarono visibilmente.
“Perché non sono abbastanza forte Vitto’! Non riuscirei a sostenere una volta in più una delusione. Eppoi ho fatto una promessa Vitto’! Ho promesso a Margherita…te la ricordi la ragazza del caffè? Che non mi sarei accontentato delle briciole..che avrei cercato di ricominciare la mia vita, magari con lei!”
“Stai mentendo…” Balbettò insicura.
“Perché dovrei mentire Vittò? Ti piacerebbe tenermi ancora attaccato alle tue sottane, non è vero? Vedi Vittò ho fatto un passo avanti, non riuscirai più a usarmi come un fazzoletto per asciugare le lacrime che stai versando per amore di altri uomini!”
Senza fiatare Vittoria gli si avvicinò, appoggiando la guancia alla sua schiena che venne percorsa da un brivido. “Cosa fai Vittoria, perché mi stai toccando e distruggendo con questo gesto tutte le mie difese in un solo istante! La camicia si sta bagnando, sono le tue lacrime. Sei capace di mentire fino a questo punto o nelle tue parole c’è un pizzico di verità? No, non posso tentennare, ti ho concesso più di una volta il beneficio del dubbio e tu ne hai approfittato come un arpia e ti sei cibata del mio cuore senza il minimo rimpianto.
No, non puoi, non puoi far scivolare le tue mani sottili lungo il mio torace e sfiorare con le tue unghie la mia pelle che fremendo tradisce i miei propositi. Neanche il mio corpo mi è rimasto più fedele. Non riesco a fuggire, sebbene lo desideri più di ogni altra cosa. Chiudo gli occhi, ma sento il tuo cuore pulsare contro la mia schiena, e le tue dita infilarsi tra gli anfratti della mia camicia.
“Mi vuoi sposare Umberto?” Singhiozzarono le sue labbra non riuscendo più a contenere la marea di sentimenti che le stavano martellando dentro al petto.
Incredulo e sorpreso, Umberto spalancò gli occhi irrigidendosi. “Quante volte ho atteso questo momento Vitto’, vorrei voltarmi e prenderti in braccio facendoti volteggiare nell’aere come una sirena alata. E sorridente affondare me stesso sul tuo corpo, nella tua carne. E mentre raggiungi l’apice gridare: Si lo voglio, non ho mai desiderato altro! Ma non le udirai mai queste parole, non le meriti! Non voglio la tua pietà! Non ti credo!”
“E’ una strana ironia del destino!” Esclamò sarcasticamente con gli occhi arrossati. “Proprio qui un giorno ti posi la stessa domanda…e tu rifiutasti…Ora i ruoli si sono ribaltati Vittò. Non cercare con le tue subdole carezze di ottenere quello che non puoi piú avere.” Ribatte freddamente. Poi, come esplose con la potenza e l’ardore di una grande onda oceanica. “Vuoi che questa notte sia tuo? Che sia! Vuoi davvero questo Vittoria?” Gridò voltandosi verso di lei e facendo scivolare le mani sinuose tra i suoi capelli. Si avventò sul suo collo baciandolo con ardore, incollando le labbra assetate su quella pelle che le reclamava. Per un istante Vittoria si lasciò trasportare dalla passione, fingendo di non aver udito quelle parole. La cercava e la desiderava con l’impeto primordiale delle tempeste e la sua risposta non si fece attendere. La sua bocca vibrò quando le loro lingue incominciarono a danzare in comune. Fu un bacio lungo, intenso, che lasciò entrambi senza respiro. Poi la rabbia ebbe il sopravvento e Umberto la allontanò facendola scivolare sulle rocce. “Vuoi il mio corpo Vittò! Prendilo!” Esclamò cominciandosi a spogliare. “Perché da me d’ora in poi potrai avere solo questo Io non ti … !” Sbraitò piangendo non riuscendo a negare il sentimento che provava per lei.
Le lacrime le rigavano il volto, mentre lo osservava spaventata. Cos’era rimasto di quell’uomo che l’aveva l’aveva fatta sorridere, divertire e perdutamente innamorare? Cos’era rimasto di quel sogno che l’aveva aiutata negli ultimi mesi ad uscire dal tunnel della disperazione? Indietreggiò impaurita dalla sua collera.
Vedendola a terra indifesa e piangente, Umberto non riuscì a mantenere quella maschera di odio e indifferenza che aveva indossato solo per farle del male. Chinandosi su di lei, la attirò a sé con tutto l’amore che aveva tenuto in serbo.
“Non voglio la tua compassione Umberto!” Balbettò Vittoria tra un singhiozzo e l’altro…"Non l’ho voluta quando ho perso nostro figlio…ancor di più non la voglio ora che ho capito che tu non mi potrai più amare."

La poesia che il cuore di Umberto recita È una mia vecchia poesia riadattata per l'occasione Ciao Elisa


Una doccia fredda lo investì facendolo tremare come una foglia. “Nostro figlio? Quando?” Domandò, cercando conferma in quello sguardo che fino a quel momento aveva voluto evitare.
“Non ha più importanza Umberto…davvero non ne ha più…” Replicò Vittoria divincolandosi dalle sue braccia.” Il mio cuore ora è andato a fargli compagnia…Ormai neanche il mio batte più!” Scivolò tra le sue mani che la stringevano come fosse un essere effimero, costituito da aria e sabbia. Si guardò sbigottito i palmi che l’avevano accarezzata per qualche istante senza riuscire ad afferrarla prima che si allontanasse. Inginocchiato come in preghiera, rivolse gli occhi al cielo che lentamente si stava oscurando. Allargando le braccia in segno di resa sbraitò con voce mossa dal dolore. “Perché?” Quella parola carica e pesante riecheggiò come un macigno tra faraglioni e le rupi. Anche i marinai che stavano raccogliendo le nasse dopo una giornata di duro lavoro, rimasero agghiacciati da quell’urlo primordiale che aleggiò straziante su tutto il golfo di Capri. Solo Vittoria, immersa nella sua sorda sofferenza, parve non udire quel lamento.

In quell’albero spezzato e divelto dal vento della vita, il suo cuore aveva preso parola in una poesia che pulsava di verità troppo a lungo negate

“Nelle tue stupide parole Umbè si nascondeva l’anima
E la guardavi in faccia senza capire
Vedendo solo quel che volevi vedere
E quando nelle sue parole c era qualcosa di più
E mentivi a te stesso per non ammettere che era vero
Mentre il cielo era li e le onde parlavano per te
Ti dicevano non tentare, non provare, non perdere perché
La via di uscita poi non c’è
E ora rimani lì
Sulle rocce nude al buio e poi
Sentendo il rumore delle lacrime
Che prende voce per te
Che nelle parole non sai perché
Non hai trovato la via
Per non dirle una bugia.”

Stringendo il palmo tremante scaricò la sua furia prendendo a pugni un masso. Con le nocche sanguinanti annaspò disperato. “Riuscirai mai a perdonarmi Vittoria!”
-
La ragazza, non si rese conto come, ma si ritrovò poco dopo nella sua stanza a Villa Isabella. Ripiegata su se stessa si domandava ciò che sarebbe stato di lei.
Reginella la trovò tremante, rannicchiata in un angolo. “Tesoro, ma cosa ti è successo?” Le domandò porgendole una mano affinché si alzasse, ma Vittoria indietreggiò, desiderando farsi talmente piccola da poter scomparire.
“Vitto’ mi spaventi se fai così!” Esclamò la donna sedendosi di fianco a lei, sebbene le artriti glielo sconsigliassero. “Quando sarà finita questa storia, poi mi pagherai una visita dall’ortopedico!” Cercò di farla sorridere. Invano. La nipote, come in preda a una crisi epilettica batteva i denti, non riuscendo a controllare l’impulso che la spingeva a percuotere il muro con la nuca.
Reginella allora l’avvolse in un abbraccio caldo e famigliare, desiderando di fermare il suo desiderio autolesionista. Poi, baciandole il capo, le sussurrò all’orecchio. “Piangi, piangi pure tesoro!” Quelle parole sciolsero le sue lacrime che come un magma freddo e salato avevano gonfiato le sue cavità oculari senza riuscire ad uscirne.
“Umberto non mi ama piú sono stata una stupida a ritornare a Capri e a credere che tutto potesse tornare come prima!” Mugugnò tra un singhiozzo e l’altro, aggrappandosi allo scamiciato della nonna come fosse l’unico solido appiglio che le era rimasto.
“Vieni con me!” Esclamò prendendola per mano e convincendola ad abbandonare quell’angolino. “Dove mi stai portando?” Domandò esitante, mentre la nonna la trascinava controvoglia lungo il corridoio. “Zitta e lo scoprirai presto!” Continuò senza anticiparle nulla. La condusse nella camera di Umberto. “Embè?” Domandò sorpresa asciugandosi le lacrime, mentre Reginella stava aprendo il primo cassetto del suo scrittoio. “Nonna!” Affermò con rimprovero, spalancando gli occhi.
“Tieni!” Estrasse una trentina di fogli ripiegati su se stessi porgendoglieli.
“Cosa sono?” Domandò incredula non comprendendo l’atteggiamento invadente di Reginella.
“Sono per te, da parte di Umberto!” Rispose con espressione fiera.
“E tu come lo sai? Non mi sarei mai aspettata che tu…” Le sue parole sottili la accusavano chiaramente.
“Come ti permetti a pensare questo di tua nonna?” Il suo sguardo dapprima gentile e preoccupato, mostrò un’irritazione che fece pentire Vittoria di aver espresso la sua opinione così avventatamente.
“Ma io…” Tentennò.
Vedendola confusa le sue linee del volto si addolcirono nuovamente. Sapeva che le doveva una risposta.“Come tutti i guagliò anche Umberto è un po’ disordinato! Tu sai che lavo e stiro le sue camicie. Beh un giorno, mentre le stavo riponendo nell’armadio, mi sono accorta della confusione che regnava sulla sua scrivania: c’erano fogli e matite ovunque. Scossi la testa decisa a mettere ordine tra le sue carte. Quando ho spostato i primi fogli bianchi, ho notato che sotto di essi vi era una lettera. I miei occhi sono caduti involontariamente sull’intestazione, era indirizzata a te. Non volendo leggerne il contenuto, ho aperto il cassetto per riporla e con mia sorpresa, ho trovato tutte queste…Tutte lettere che non ha mai avuto il coraggio di spedire!” Incredula le osservava.
Allora la nonna si avvicinò a lei per accarezzarle il volto. “Prima di credere o pensare che lui non ti ami più, penso le dovresti leggere…non ne conosco il contenuto, ma immagino non avrebbe sprecato tanto inchiostro per imbrattare dei fogli se non fosse più interessato a te.
Vittoria le osservava sentendosi contesa da due forze opposte. La prima la spingeva a leggerle, invadendo la sfera privata di Umberto, l’altra la incoraggiava a lasciarle dove le aveva trovate. Il tarlo del dubbio era tuttavia più forte della volontà di rispettare i più reconditi pensieri di Umberto. Ma se quello che vi avrebbe trovato non avesse corrisposto a quello che si aspettava? Avrebbe rimpianto per sempre l’occasione di non averle lasciate riposare nella profondità di quel cassetto? Ma se invece? Se invece Umberto avesse tentato di ferirla solo per coprire l’immenso dolore che lei gli aveva arrecato in quei mesi? Valeva la pena affondare fino in fondo il coltello in quella ferita? Si, non poteva tirarsi indietro. Per dura che potesse essere la verità, non sarebbe mai stata paragonabile al ricordo delle sue parole di quel pomeriggio.
Appoggiando le lettere al cuore, inspirò profondamente lasciando in silenzio la stanza.
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Reginella si trattenne ancora per qualche minuto nella camera di Umberto. Desiderava riassettargli il letto e dare aria alle coperte. Sollevandole si accorse che tutto l’ambiente era intriso del suo odore, del suo corpo di uomo desideroso di trovare finalmente appagamento, un aroma speziato, pieno di languori insoddisfatti da tempo. Mentre sbatteva i cuscini alla finestra, Umberto fece ingresso nella stanza. Aveva il fiatone e gli bruciavano gli occhi di tristezza. Passandosi una mano tra i capelli spettinati si avvicino alla donna prendendole dolcemente le mani tra le sue. “Regine’, tu sei stata come una madre per me!” La incalzò senza lasciarle il tempo di terminare le pulizie. “Quando i miei genitori morirono, tu e la zia vi siete prese cura di noi amorevolmente ..ed ora ho bisogno Regine’ che tu mi dica tutto…non risparmiarmi un briciolo di dolore…Devo sapere di Vittoria e del bambino…E’ tutto vero?” Domandò tutto d’un fiato.
Chinando il capo, l’anziana signora dai capelli argentei annuì. In quel momento si accorse che aveva una mano insanguinata. Prendendo un fazzoletto da un cassetto per potergliela fasciare, lo incoraggiò a prendere posto accanto sul letto.
Mentre gli bendava la ferita, Umberto ascoltava in religioso silenzio, quasi fosse in un confessionale, il lungo racconto della donna. Gli occhi sbarrati gli si riempirono di lacrime, quando le ultime parole di Reginella riecheggiarono tra quelle pareti. “Vittoria sapeva che avrebbe dovuto affrontare mille difficoltà per portare avanti quella gravidanza, ma non si è mai lasciata prendere dallo sconforto perché amava quel bambino più della sua vita…E lo sai perché? Perché era figlio tuo…Sognava di tenerlo tra le braccia e di riscoprire nel riflesso dei suoi occhi da infante il tuo sguardo lucente. Sapeva che anche se ti avesse perso per sempre, una parte di te sarebbe stata con lei, in eterno….” Reginella si asciugò gli occhi commossi. “Invece…” Ansimò. “Le è rimasta soltanto un’immagine in bianco e nero di uno di quegli aggeggi che usano per fare le ecografie…”
Vedendolo contrito, la donna appoggiò il palmo sul suo viso per asciugargli le lacrime. Singhiozzando in silenzio, Umberto si alzò dal letto facendole segno di non continuare quello strazio. “Cosa ho fatto? Cosa ti ho fatto Vittoria?” Ripetè alla sua mente, scivolando fuori dalla a stanza. A tentoni procedeva lungo il corridoio, allungando le mani verso i muri che gli sembravano ondeggiare. Faticava a reggersi in piedi, quelle rivelazioni avevano smantellato ogni sua certezza. “Perdonami Vitto’, perdonami per tutto quello che ti ho detto. Se solo potessi ritrovarti, mi chinerei davanti a te come il più umile dei lacché e ti supplicherei di non smettere di amarmi. Non farlo Vittoria, ora che ci siamo ritrovati non permettere alle incomprensioni di dividerci! Hai serbato nel tuo cuore quel dolore così straziante per troppo tempo…verrò da te Vitto’, sarò io la roccia sulla quale da ora in poi potrai ancorare la tua anima…te lo giuro…e se lo vorrai ancora Vitto’, ci sposeremo…anche domani. Non voglio più vivere un secondo della mia esistenza senza di te.”
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Vittoria che era scappata dalla Villa poco prima dell’arrivo di Umberto si era diretta verso il porto, con l’intenzione di prendere una barca e fuggire. Approfittando di un attimo di distrazione di Carmelo, saltò su una delle sue piccole scialuppe, con dirigendosi verso la grotta azzurra. Era sicura che in quel luogo racchiuso nel cuore della terra sarebbe riuscita a trovare la tranquillità necessaria per affrontare quella lettura. Mentre la piccola imbarcazione stava varcando l’ingresso della grotta Vittoria si accorse che il sole scendendo l’aveva resa un luogo buio e freddo. Cercando di farsi luce con una piccola torcia che aveva trovato nascosta sotto un telo decise di entrare ugualmente e di accostarsi non appena fosse possibile in un luogo che le permettesse appoggiare piede a terra. Il passaggio era angusto e incominciò a tremare, ma non doveva permettere alla paura di avere il sopravvento. La presenza di quelle lettere le infondeva un coraggio a lei fino a quel momento sconosciuto. Sedendosi su una roccia fece luce sulle lettere aprendone la prima. Con sua sorpresa si accorse che cronologicamente doveva essere l’ultima scritta, poiché risaliva al giorno prima.

Ciao Banderuola,
come stai? Lo so è stupido da parte mia continuare a scrivere lettere che non avrò mai il coraggio di spedirti….E’ stata una giornata amara quella appena trascorsa, come le ultime da un mese a questa parte. Sono uscito nuovamente con Margherita, siamo andati in quel ristorantino ad Anacapri e poi a casa sua, sotto le lenzuola che sapevano di fresco. Eppure mi sentivo a disagio. Mi mancava il tuo profumo sulla biancheria, quell’aroma di lampone selvatico che mi ha inebriato dal primo momento che ti ho conosciuta. Erano lenzuola bianche, morbide eppure l’unica cosa che vedevo, quando chiudevo gli occhi erano le tue gambe lisce e il tuo volto sorridente quando ti ho baciato quella notte in cui sei stata male. Per un solo breve istante ho avuto l’impressione che ti piacesse e che stessi sognando me. Ma è un’idiozia, una malattia che mi sta portando alla morte. Questo amore sta uccidendo la mia voglia di vivere e di continuare…Margherita voleva fare l’amore con me ed io…io desideravo farla felice lo giuro, ma non ci sono riuscito…Mentre lei mi baciava, non riuscivo a fare altro alla mia malattia che ha un nome: Vittoria Mari. Così, sono scappato come un codardo senza darle alcuna spiegazione, non potevo fare l’amore con lei. Sarebbe stato solo sesso. Lo so mi stupisco io stesso. Un tempo non mi sarei posto simili problemi, manovravo le donne come un burattino e non mi interessava quello che pensavano, quello che desideravano, ma solo il loro corpo caldo e bramoso di passione. Ma tu mi hai irrimediabilmente cambiato. Tornando da Milano ti ho odiata, e mi sono riproposto di tornare alla vita di sempre senza accorgermi che incontrare te aveva dato un giro di vite al mio essere frivolo e leggero. Sono come una farfalla con le ali tarpate, sono come Prometeo legato alla roccia, bloccato in un presente soffocante, in attesa che tu mi divori nuovamente l’anima. Perché non fai giustizia Vittoria e ritorni a Capri a dare il colpo di grazia a questo smidollato che non è più in grado di respirare senza di te! Lasciati odiare da me e distruggimi definitivamente, ho perso su tutta la linea ormai, non ha più senso continuare senza il tuo amore…Ecco lo vedi, mi ero ripromesso di abbandonare questa nota patetica…una volta accusai Massimo di sceneggiate, mentre io ne ero l’autore principale. Fingi che non abbia detto nulla Vittò, ho imparato a convivere con questo cancro che ogni giorno sbrana un millimetro della mia carne…Non ti dar peso per le mie parole…so che se anche facessi una pazzia tu non accorreresti al mio fianco per tenermi la mano nei miei ultimi istanti di vita...Dovrò imparare a convivere con la certezza che non valgo niente per te…Sebbene desideri odiarti, le mie labbra riescono a pronunciare solo una parola..Ti Amo!

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Alla ricerca disperata di Vittoria, Umberto aveva scandagliato ogni angolo della Villa e di Capri fino a che non era giunto al porto con affanno. Una strana inquietudine si stava impossessando di lui, come avesse l’impressione che Vittoria stesse correndo qualche pericolo. Vicino alla banchina notò un Carmelo che alquanto agitato contava e ricontava le barche a remi che gli erano rimaste.
“Hai visto Vittò, Carmè?” Gli domandò non curandosi del suo stato d’animo.
“Ho ben altro a cui pensare ora. Tutti i mozzi sono fuori per i grandi fuochi d’artificio ed è scomparsa una delle scialuppe! Non si chi potrebbe averla presa!”
“Io lo so!” Esclamò Umberto fissando il vuoto, come stesse percependo un richiamo lontano. “Aiutami, prendiamo la Giulia, me la vedo io con Massimo, quando torna!” Strepitò a denti stretti.
Non capendo le sue intenzioni il giovane marinaio lo squadrò allibito, ma obbedì. Poco dopo si trovano a costeggiare i faraglioni, ma della barca con Vittoria sopra non vi era traccia.
Solcando le acque la Giulia si avvicinò allora alla grotta azzurra. L’ingresso era ormai coperto dall’alta marea che pareva gorgogliare in piccole bollicine attorno a quell’imboccatura. L’avevano ormai oltrepassata, quando il cuore di Umberto percepì un fremito.
“Aspetta!” Gridò a Carmelo che stava al timone. “Stramba e torna indietro, voglio tuffarmi!” Asserì deciso.
“Ma tu sei impazzito, a quest’ora nella grotta, non si vede nulla. E’ impossibile che Vittoria si trovi là!” Attaccandosi alla sua camicia con furia gli urlò nelle orecchie. “Ti ho chiesto di strambare! Non chiedermi il perché ma io so che lei è la dentro e se non lo fai mi tufferò da qua!” I suoi occhi brillavano di pura passione a cui Carmelo non seppe negare l’irragionevole. Mentre si stava accostando alle rocce, li sorpresero i primi fuochi che accendevano il cielo di mille fiammelle. “Ecco vedi sono fortunato, la luce mi aiuterà a trovare la strada.”
“Non ci aspettare! Affermò con decisione Umberto spiazzando completamente l’amico. “Attenderemo qualche ora che la marea si abbassi e poi rientreremo in porto!” Quelle parole così decise e convinte avevano dissipato i timori del marinaio che non osò porgli la domanda di cosa avrebbe fatto se non l’avesse trovata. Cogliendo l’occasione di una pioggia di gocce verdi e luminose, Umberto si tolse le scarpe, immergendosi nelle acque fredde della grotta.

BIMBA75:E' si siamo veramente arrivati all'ultima puntata...con un pizzico di nostalgia la lascio ai vostri occhi benevoli...Vi ringrazio per averla amata quanto l'ho amata io...e con serenità posso chiudere questo bel capitolo...Chissá che non ci sarà un continuo..magari nel futuro....

ULTIMA PUNTATA : IL GRAN FINALE

Il varco non era grande e nel buio faticava a trovare la giusta direzione per tornare in superficie. Annaspava sotto l’acqua, ormai non gli rimaneva molto più ossigeno nei polmoni. Gli mancava il respiro e nell’oscurità aveva perso l’orientamento. Spalancando gli occhi vide un lume, o almeno sperò che fosse tale e con le forze che gli rimanevano diede un’ultima bracciata lasciandosi poi trasportare da un’onda improvvisa e carica di spuma che lo sospinse verso l’interno dell’anfratto facendolo risalire in superficie. Ansimò cercando di riempirsi i polmoni d’aria. La sua figura argentea fluttuava a fior d’acqua, mentre come un alligatore si stava avvicinando alla sua preda. No, non si era sbagliato, una luce brillava all’interno della grotta. Immersa nella lettura, Vittoria stava scorrendo con le dita le ultime righe di quella missiva. Ne aveva lette trenta e tutte e trenta terminavano nel medesimo modo: “Vittoria ti amo!” Sorrise tra le lacrime, non poteva credere che i loro cuori battessero all’unisono, che il loro amore avesse superato incolume le traversie del tempo. Un brivido strano le percorse la schiena.
Percependo uno strano rumore provenire dall’acqua puntò la torcia verso l’interno della grotta sorprendendo Umberto, mentre cercava di risalire le rocce.
“Umberto!” Balbettarono le sue labbra incredule, immobilizzata da quella visione. Non l’aveva mai visto così disperatamente attraente. La camicia bianca gli aderiva al torace bagnato e i pantaloni attillati erano come incollati ai muscoli contratti delle gambe. “Umberto!”Riuscì a pronunciare solo il suo nome.
“Non dire niente Vittò!” Esclamò infreddolito cercando il suo calore. “Abbiamo parlato sempre troppo Vittò, dimenticando di ascoltare la voce del nostro cuore!” Senza attendere che si avvicinasse, la ragazza si tuffò tra le sue braccia che bramavano per accoglierla. “Ti amo Umbe,’ ti ho sempre amato!” Gli sfiorò i capelli bagnati avvicinando le labbra avide alla sua bocca leggermente schiusa.
“Shh” Mormorò sul suo respiro ardente. “Ti voglio!” Le agguantò la schiena stringendola a sé per quanto gli fosse possibile. Sotto quella pressione il vestitino candido di Vittoria cominciava a bagnarsi, ma la ragazza non percepì altro che il suo alito caldo sulla pelle.
Come due bestiole selvatiche si incominciarono ad annusare. La reciproca passione che emanavano i loro corpi trasudava dai loro respiri bramosi. L’aroma di lampone si mischiava alla speziata fragranza di cannella in un’amplificazione di odori.
Scostando i suoi riccioli ribelli, fece scivolare le labbra assetate d’amore lungo la linea liscia del suo collo. Vittoria ansimò. Sebbene il corpo d’Umberto fosse freddo, percepiva solo la calda passione che gli scorreva nelle vene. Ribaltando gli occhi dal piacere emise un lieve gemito che venne accolto dall’uomo come un incoraggiamento a continuare. Con la lingua incominciò allora a scendere i declivi che dal collo lo avrebbero portato alla scoperta di un terreno soffice e collinare. Fece una piccola sosta sulla spalla, abbassandole una bretellina, che impudentemente voleva opporsi alla sua passione. Con le lunghe dita affusolate si infilò sotto il reggiseno sondandole i seni acerbi. Poi slacciandoglielo con una sola mano, si chinò su di lei per baciarglieli. Le sue labbra vibravano di languori troppo a lungo repressi avventandosi con ardore a titillarle i capezzoli turgidi. “Ti amo Umbe’!” Ansimò con la voce strozzata dal godimento.
”Dimmelo ancora Vittò….dimmelo per tutti i giorni della mia vita!”
“Ti amo!” Boccheggiò cercando di recuperare il controllo del proprio corpo percorso da fremiti.
“Sei bellissima!” Le sussurrò sull’ombelico ardente di desiderio. Prima che potesse continuare il suo cammino verso quel mare umido e languente, Vittoria si lasciò scivolare su di lui, facendo scorrere le mani lungo la sua schiena. Come una dea ammaliatrice, Vittoria conosceva i suoi punti deboli. Decisa a non lasciarsi sopraffarre dal desiderio di possederlo, gli arpeggiò con le unghie il dorso in quel modo che lo faceva impazzire. “Sei la mia strega!” Gemette sentendo crescere il richiamo della carne. “Per sempre!” Mormorò avidamente al suo orecchio, suggendogli il lobo. Il riflesso nell’acqua di un fuoco di artificio li sorprese. In quella penombra il verde dei loro occhi si unì in un inno di amore e passione senza fine. Umberto non riusciva più a rispettare le regole di quel gioco che gli imponevano di continuare quell’inseguimento ancora per diverso tempo. Le sue labbra calde, in preda a un istinto primordiale non potevano più arrestare quella caccia al tesoro. Facendosi spazio tra il suo inguine timido, schiuse quel bocciolo con piccole stoccate della lingua. La bramava come non aveva mai desiderato alcuna donna e la sua risposta fu immediata. In preda alle convulsioni Vittoria inarcò la schiena chiamando il suo nome. Felice del piacere che riusciva a procurarle, Umberto risalì quella pianura fertile, per chiuderle la bocca con un bacio. “Sposami Umberto!” Balbettò ancora scossa dalla passione. “Sposa il mio corpo con il tuo…ora!” Non si fece ripetere quell’invito una seconda volta e con un sorriso beffardo e ammaliatore varcò quella soglia pronta ad accoglierlo con un solo movimento. Non appena fu dentro di lei incominciò a tremare. “Umberto!” Lo chiamò Vittoria ricercando il suo sguardo fuggente. Non voleva aprire gli occhi, non voleva farle vedere che stava piangendo. “Guardami Umbe’!”
Lo richiamò e lui non seppe negarle quelle pietre lucenti che brillavano solo per lei. Come gocce di cristallo le sue lacrime scivolarono sul suo volto. Vittoria lo squadrava allibita, non capendo cosa gli stesse accadendo. Prima che i suoi pensieri si perdessero in stupide congetture, le sue labbra balbettarono. “Oramai mi sono perso nel tuo mare Vitto’! Sei il mio faro nel buio, la mia stella polare, la mia luce! Ti amo con il corpo e con l’anima Vittò e ho paura che se chiuderò gli occhi stanotte tu scomparirai e mi sveglierò domani con il sapore agro-dolce di un sogno terminato!”
“Non sarà mai più così!”Allargò le gambe per farlo scivolare ancor più dentro di lei. Le sue labbra piene lo baciarono e si dissetarono di quelle lacrime salate. Sfiorando le sue palpebre da cucciolo abbandonato mormorò. “Non esiste più Vittoria Umbe’, io sono qua dentro il tuo cuore…e il mio ti appartiene..Non esistiamo più come singole entità…!”
Commosso da quella dichiarazione, il giovane cominciò a muoversi dentro di lei affondando nel piacere dei suo sensi. Prima di raggiungere l’apice della passione le rivolse ancora uno sguardo pieno d’immensità. “Vuoi?” Bisbigliò quella domanda piena di significati come una supplica. Vittoria sorrise incoraggiandolo ad aumentare il ritmo. “Si” Boccheggiò, mentre toccava le vette del paradiso. “Lo voglio, voglio essere tua moglie, la tua amante…la madre dei tuoi figli!” Enfatizzò, mentre il sangue pulsava nelle orecchie di Umberto che ripiegandosi su di lei con la forza di un titano scaricò quella passione che attendeva di trovare un porto sicuro nel quale approdare.
“Grazie!” Mormorò, quando il suo corpo madido di sudore si fu calmato. “Tu mi hai salvato!” Vittoria sorrise stringendolo a se in un abbraccio oltre il tempo e lo spazio.
La notte del passato stava terminando in un fuoco d’artificio pieno di prismatiche sfaccettature. Mentre l’alba di un nuovo giorno stava pennellando con i suoi colori tenui l’interno della grotta, un amore ritrovato stava sbocciando in quei corpi che avviluppati l’uno all’altro finalmente potevano sorridere alla vita che stava fiorendo fuori e dentro di loro.

FINE INTERMEDIA

PROLOGO o Backstage


I personaggi e la regista ringraziano i gentili lettori per la per averci accompagnato in questo lungo cammino pieno di forti emozioni e fragorose risate. I riflettori ora si spegneranno sulla grotta azzurra per lasciarla risplendere dei suoi colori naturali.
“E dalle con sta lagna…hai finito?” Mi volto è Umberto che mi sta chiamando. Con le braccia avvolte attorno alla sua Vittoria sembra volermi rimproverare.
“Ma che sembra e sembra…sei prolissa, invadente e soprattutto non lasci un po’ di privacy a due poveri personaggi che hanno tanto faticato per tornare insieme! E’ incredibile come certa gente non conosca la discrezione!” Ridacchia sollevando le sopracciglia.
“E non essere così severo con lei, in fondo ci ha fatti tornare insieme!” Vittoria lo rimprovera dolcemente, mentre io quatta quatta, in punta di piedi cerco di abbandonare quel luogo pieno di magie e ricordi.
“Dove vai Elisa?” Beh sentire la voce di Umberto pronunciare il mio nome il quella maniera guascona, non mi lascia indifferente.
“Beh credevo di essere di troppo!” Balbetto io voltandomi.
Con quel sorriso capace di spazzare via le nuvole in una giornata uggiosa mi incoraggia a restare. “Eppure mi conosci da tempo e non hai ancora capito quando scherzo!” Gorgheggia felice. Poi facendosi improvvisante serio mormora: “Grazie!” Quella parola dolce e morbida riecheggia neii meandri della grotta rasserenandomi.
“Almeno…” Penso io. “Non finirà anche questa discussione con un litigio con i personaggi! “E’ stato un piacere!” Concludo facendo loro l’occhiolino. “E nel caso vi siano problemi, incomprensioni…o un matrimonio da festeggiare…non dimenticatevi della vostra piccola penna! Accorrerò sempre in vostro aiuto”
“Non ci dimenticheremo mai di te, ti dobbiamo la nostra felicità! Ah…e tu non dimenticarti di dire a Marilena che è una grande…senza di lei non avremo potuto sognare. Grazie a lei il principe ha potuto ritrovare la sua principessa!” Esclamano entrambi, mentre io con il mio fagotto li lascio al loro amore.
FINE
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1 replies since 11/1/2007, 16:14   1377 views
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